Contratti di locazione ed emergenza Covid-19

La pandemia Covid-19 e le misure restrittive imposte dal Governo, con il lockdown e la chiusura forzata e/o anticipata di molte attività commerciali, hanno comportato una crisi economica e finanziaria che sta tuttora colpendo trasversalmente quasi tutti i settori economici, determinando altresì uno squilibrio delle condizioni contrattuali soprattutto nell’ambito delle locazioni.

In questo contesto si contrappongono, da un lato, gli interessi dei locatori che legittimamente reclamano l’omesso pagamento dei canoni di locazione, dall’altro, le comprensibili difficoltà dei conduttori, profondamente danneggiati dall’emergenza sanitaria ed, in alcuni casi, nell’oggettiva impossibilità di onorare con puntualità le obbligazioni contrattuali assunte.

L’eccezionalità degli eventi ha comportato altresì la difficoltà di trovare soluzioni rapide ed immediate, anche in ragione delle problematicità riscontrate nel ricondurre la questione giuridica in termini certi ed incontrovertibili, come confermato anche dal contrasto giurisprudenziale emerso non solo tra i vari Tribunali italiani, ma anche nell’ambito dello stesso Ufficio Giudiziario.

A pronunce più tutelanti dei diritti dei locatori, difatti, si sono affiancati provvedimenti più attenti alle istanze rappresentate dai conduttori tra i quali, sicuramente degna di nota è l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Roma, sezione sesta, del 27 agosto 2020 secondo cui, ritenendo doveroso il ricorso alla clausola generale di buona fede e di solidarietà sancito dall’art. 2 della Costituzione, al fine di riportare il contratto entro i limiti dell’alea normale del contatto “non sembra possa dubitarsi in merito all’obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di riportare l’equilibrio negoziale entro l’alea normale del contratto”.

Come ben noto, difatti, l’ipotesi di sopravvenuta eccessiva onerosità nei contratti a esecuzione continuata ovvero differita è disciplinata dall’art. 1467 c.c. che, al primo comma, prevede che “se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto”, mentre il successivo terzo comma dispone che solo “la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

Il Legislatore italiano, pertanto, ha previsto esclusivamente la risoluzione del contratto in essere come unico rimedio per la parte contrattuale danneggiata dall’eccessiva sopravvenuta onerosità delle condizioni contrattuali come, per l’appunto, quella determinata dall’emergenza epidemiologica tuttora in corso.

In assenza di una espressa clausola di rinegoziazione in deroga alla disciplina legale – purtroppo molto spesso non presente – il conduttore non potrebbe imporre al proprietario dell’immobile di ricontrattare le condizioni contrattuali divenute squilibrate, bensì potrebbe esclusivamente agire per la risoluzione del rapporto contrattuale.

Soluzione che, soprattutto nei contratti commerciali a lungo termine, si presenta come del tutto inopportuna ed, in molti casi, in contrasto con gli stessi interessi della parte conduttrice, la quale vorrebbe proseguire nel rapporto contrattuale previa riequilibrio della prestazione divenuta eccessivamente onerosa.

In tale prospettiva, la migliore composizione delle antitetiche istanze del locatore e del conduttore è certamente il raggiungimento di un accordo integrativo del contratto di locazione, con la previsione – ad esempio – di un importo ridotto per le mensilità in cui è stata disposta la chiusura forzata degli esercizi commerciali e/o comunque nel periodo in cui gli accessi contingentati hanno aggravato la crisi economico finanziaria della società conduttrice.

In alcuni casi e, per alcuni settori economici, si pensi ad esempio al settore alberghiero, l’attuale situazione pandemica comporta tuttora uno forte squilibrio delle condizioni contrattuali, in ragione dell’arresto del turismo a livello mondiale.

In queste ipotesi, sarà necessario predisporre un dialogo costruttivo finalizzato ad una rinegoziazione del contratto anche per i periodi temporali successivi, che tenga conto delle necessità delle parte locatrice, ma anche dell’effettiva situazione in cui versa la società conduttrice.

La complessità del fenomeno e la unicità di ciascun singolo rapporto contrattuale non consentono soluzioni univoche: sarà compito dello Studio Legale valutare le esigenze e le peculiarità del singolo caso, al fin e di trovare la soluzione migliore per il caso concreto e di predisporre tutte le azioni a tutela della parte assistita.

Sotto altro profilo, per i contratti di locazione ancora da sottoscrivere, sarà fondamentale predisporre e negoziare adeguate clausole di salvaguardia e comunque la cosiddetta “clausola Covid”, al fine di predeterminare sin dall’inizio del rapporto contrattuale le ipotesi in cui sarà necessario rinegoziare le condizioni del contratto nonché gli esiti del rapporto contrattuale in caso di accadimenti che determinino uno squilibrio dell’alea normale del contratto.

Affidarsi alla competenze giuridiche di uno Studio Legale sin dalla fase precontrattuale costituisce il miglior investimento possibile per prevenire futuri e costosi contenziosi.